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Il buon dialogo con sé stessi e gli altri, figli compresi!

By Cristina Cattini on 20 Marzo 2011 in ARTICOLI
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Si comunica continuamente, scambiando con l’altro e con l’ambiente informazioni che producono crescita e cambiamento.

La comunicazione umana viaggia su 2 binari:

  1. il messaggio, ciò che sto dicendo e che tento di trasmettere all’altro, il contenuto veicolato dalle parole.
  2. la relazione, ovvero quello che gli attori in gioco lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro.

 

Possiamo immaginare la comunicazione umana come un quadrato composto dai suoi 4 lati (Friedemann Schulz von Thun)

  • contenuto: di che cosa si tratta? (lato blu del quadrato, in alto)
  • relazione: come definisce il rapporto con te, che cosa ti fa capire di pensare di te, colui che parla? (lato giallo, in basso)
  • rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela, consapevolmente o meno, qualcosa di sé. (lato verde, a sinistra)
  • appello: che effetti vuole ottenere chi parla? Ciò che il parlante chiede, esplicitamente o implicitamente, alla controparte di fare, dire, pensare, sentire. (lato rosso, a destra).

 

E’ fondamentale ricordare che esistono due tipi di comunicazione:

COMUNICAZIONE VERBALE: raffinato sistema di segni per la comunicazione e per il supporto alle nostre operazioni mentali

 

COMUNICAZIONE NON VERBALE: forma di linguaggio più antica e istintiva della parola, a cui appartengono la gestualità, la mimica, il contatto corporeo e la postura, ma anche l’abbigliamento, il taglio di capelli, il come si cura la propria immagine.

 

 

 

Entriamo nel merito dell’argomento che ci sta a cuore: IL BUON DIALOGO, LA BUONA COMUNICAZIONE CON NOSTRO FIGLIO, CON NOSTRA FIGLIA.

Riporto una bella testimonianza di un papà-terapista:

 

“Ricordi ancora…?

Ricordi ancora quando hai visto per la prima volta tuo figlio? Ricordi

come ti sentivi? Senti ancora quella piccola scossa elettrica che ti

percorre il corpo, mentre rivedi quella scena come in un film?

Bene, la prima immagine che ho avuto di mio figlio è quando l’infermiera

ha aperto un tenero fagotto bianco ed è comparso all’improvviso un

esserino con gli occhi chiusi, rossiccio in volto e con molta bava in bocca.

Non ci credevo. Continuo a non crederci. Vederlo ogni giorno è un

miracolo. Sì, perché i miracoli non sono solo le guarigioni inspiegabili per

la scienza o i molti episodi del Vangelo. I miracoli avvengono in

continuazione. I miracoli avvengono anche senza volerlo. Basta saperli

riconoscere.

Mio figlio è un miracolo. Vederlo sorridere, sentirlo mentre mi chiama,

immaginare chi sarà un giorno quando noi non ci saremo più: questi

sono miracoli.

Avere un figlio significa crescere, ridere, imparare, cadere e risollevarsi,

raggiungere le stelle, cadere nel buio di dubbi e paure.

Dove c’è un figlio c’è insomma vita. Una vita intensa, turbolenta, gioiosa,

disordinata, dolorosa, segnata da tante sorprese, come quando ci

sentiamo dire da nostra figlia in lacrime “Mamma, ti amo” oppure “Papà,

ti ammiro molto per il lavoro che fai…”.

Allevare un figlio è la più meravigliosa responsabilità. Nessuno può dire

di essere perfetto. Tutti commettiamo, inevitabilmente, degli errori. E a

volte ci chiediamo: come posso migliorare la qualità della relazione con i

miei figli? Come posso trasformare il rapporto che ci lega in un’occasione

di crescita anche per me?”

Giuseppe Falco

 

 

Credo che sia importantissimo tornare alle radici della relazione, alla genesi del nostro amore per l’altro. Questo ci permette di stabilire priorità e ritrovare il centro delle cose, soprattutto nei momenti difficili in cui lo scoraggiamento prende il sopravvento e ci sembra di non avere più davanti un figlio, bensì un problema!

 

Come posso quindi favorire e implementare un ambiente familiare fecondo, in cui io e i miei figli possiamo stare bene, crescendo tutti insieme?

 

La chiave per aprire la porta della relazione positiva con il nostro bimbo, la nostra bimba è:

rispetto reciproco.

 

L’ascolto e la condivisione sono fortemente menomati dall’assenza del rispetto reciproco, dell’attenzione all’altro, piccolo o grande che sia.

 

Proverò ora a lasciarvi 7 semini che vi possono essere utili per riflettere e per comunicare positivamente con i vostri figli

 

1° semino:

RICORDA LA TUA INFANZIA

È necessario ritornare un po’ bambini per entrare davvero in relazione con i nostri bambini; mettersi le lenti necessarie per guardare il mondo come lo vedono loro.

Ricorda come eri da piccolo…

Cosa ti piaceva? Che cosa odiavi? Quali erano le tue paure? Qual era il tuo adulto preferito, il tuo punto di riferimento? Perché? In quale modo oggi tu potresti essere per i tuoi figli ciò che lui/lei era per te?

 

Fare memoria del passato è fondamentale per vivere veramente il presente con tuo figlio, oggi. Per poterlo comprendere.

Lasciamo da parte teorie e consigli ricevuti e riflettiamo sul fatto che le scelte migliori si fanno per passione, per affetto.

Quindi ascoltiamoci per poterli ascoltare, seppur nella loro diversità, nella loro storia altra.

 

Scrivi ora le tue riflessioni in merito:

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2° semino:

INCORAGGIA L’AUTOSTIMA DI TUO FIGLIO

I genitori determinano e influenzano profondamente la crescita del proprio figlio, della propria figlia attraverso i messaggi che, consapevolmente o meno, mandiamo loro.

L’atteggiamento con cui ci rapportiamo con loro è di fondamentale importanza, ed è necessario riflettere sulle convinzioni che abbiamo su nostro/a figlio/a e sui leit motiv che potrebbero permeare le nostre comunicazioni con lui/lei.

 

Ad esempio, frasi come “Sei sempre il solito! Ecco, hai sbagliato ancora! Non combinerai mai nulla di decente nella tua vita! Sì sì, fai pure, tanto so già che non ce la farai… Guarda Pinco Pallino, che è molto più intelligente-bravo-obbediente-simpatico…….. di te!” e via così sono germi di incompetenza che noi mettiamo nei nostri bambini e che, prima o poi, porteranno il loro frutto.

Il bambino, a differenza dell’adulto, non ha ancora strutturato meccanismi di difesa che gli permette di contestualizzare frasi che minano la sua autostima e che vanno ad intaccare la percezione del suo valore; pertanto è profondamente sensibile ai commenti che minacciano la percezione del suo valore come individuo in crescita.

 

Il meccanismo psicologico è quello della profezia che si auto-adempie: io mi convinco che il mio bambino sia così e lui, pian piano, si adegua all’immagine che ho di lui.

In questa dinamica entra fortemente il bambino, la bambina che il genitore è stato e i messaggi che sono stati a lui/lei rivolti dai genitori.

Se lo stesso genitore è stato un/a bambino/a svalutato/a, dobbiamo essere certi comunque che è possibile far tacere quella vocina ferita in noi attraverso il fare memoria della sofferenza che quelle frasi ci hanno procurato.

 

Una buona comunicazione con il/la nostro/a bambino/a passa attraverso l’insegnamento ad avere fiducia nelle proprie risorse e la sicurezza che, nonostante i propri limiti, lui/lei ce la potrà fare a diventare pienamente se stesso/a!

L’autostima, il sentimento di competenza, favoriscono la tendenza all’autoaccrescimento.

Quando i genitori rassicurano i figli nei momenti di difficoltà (“Non ti preoccupare, questo è un compito complesso, è vero, ma io sono sicuro che ce la farai, che hai tutte le carte in regola per fare bene!”), li incoraggiano quotidianamente, sottolineando dove sono stati bravi e perché (“Guarda Giovannino, sono veramente orgoglioso di te per la scelta che hai fatto, per come ti sei comportato in quella situazione, per come hai saputo gestire quella situazione difficile… perché…”), stanno sempre e comunque dalla loro parte facendo percepire stima e affetto li portano ad imparare meglio, ad essere più disponibili ad impegnarsi in nuove esperienze e misurarsi con compiti inconsueti che contengono sfide maggiori rispetto a quelle fino ad allora affrontate.

 

Un bimbo che si sente amato, apprezzato, sostenuto è un bimbo che ha un funzionamento cognitivo migliore e con il quale si può comunicare molto meglio.

 

Di nuovo un esercizio pratico. Rispondi a queste domande:

  1. ascolto davvero mio figlio, mia figlia?
  2. Mostro rispetto per lui/lei?
  3. Coltivo una abitudine mentale positiva verso di lui/lei?
  4. Incoraggio il mio bimbo, la mia bimba a sviluppare le sue abilità, i suoi talenti?

 

 

 

3° semino:

RISOLVERE I PROBLEMI ALLA RADICE.

Alcuni dei problemi più ricorrenti nelle famiglie sono: tuo figlio fa sempre storie prima di andare a letto, si rifiuta di mangiare, vuole vedere troppa TV, non collabora con le faccende domestiche, trascura i compiti scolastici, vuole imporre la sua proprietà su giocattoli non suoi ecc…. Ciascuno di voi potrebbe aggiunere infiniti esempi a quelli appena snocciolati!

 

Problemi come questi possono essere risolti? Certo.

A patto che non si stia al gioco del bambino. I nostri figli spesso perdono il contatto con la realtà quando sono in preda ad emozioni che non sanno gestire ancora molto bene. La rabbia che può provare un bambino di fronte al furto di un giocattolo da parte di un amichetto gli impedisce di pensare correttamente ad una soluzione efficace; in questo caso il genitore può e deve intervenire per mediare e ristabilire le regole nel rispetto del bambino e della situazione. Fondamentale è non farsi coinvolgere nel vortice di aggressività e violenza che si scatena a volte nei conflitti.

 

E’ meglio far capire chiaramente quali sono i comportamenti accettati e quali no, dicendo ad esempio: “Giovannino, non ho alcuna intenzione di discutere con te. Non voglio alzare la voce e non voglio che tu la alzi con me. Ti ascolterò e cercherò di capire il tuo problema. E mi aspetto che anche tu mi possa capire

Quest’inizio di conversazione serve a gettare le basi per risolvere i disaccordi. Dopo di che è necessario che tu:

 

  1. Analizzi attentamente il comportamento problematico, utilizzando l’ascolto attivo.

 

  1. Sia assolutamente chiaro/a a proposito delle tue aspettative nei suoi confronti.

 

 

  1. Esprima gratitudine ed elogi tuo figlio quando si comporta secondo le tue aspettative.

 

  1. Eserciti la tua autorità in modo calmo, ma fermo.

 

 

 

 

4° semino:

SCEGLIERE UN CODICE DI COMUNICAZIONE E UTILIZZARLO.

Dobbiamo essere consapevoli che il tipo di linguaggio e di comportamento che utilizziamo con nostro figlio è probabilmente quello che lui userà con noi, nel bene e nel male.

 

Se sono abituato ad urlare nelle discussioni, mio figlio urlerà quando discute.

Se sono sarcastico e ironico con mio figlio, lui lo sarà con me.

Se uso parolacce, doppi sensi, linguaggi offensivi, mio figlio utilizzerà lo stesso codice con me e nelle sue interazioni.

 

E’ fondamentale perciò che noi adottiamo con i nostri figli i linguaggi e i comportamenti che poi ci aspettiamo da loro.

Il codice di comunicazione, che deve essere condiviso all’interno della coppia genitoriale, è lo strumento che ci permette di allineare i nostri valori al modo di comunicare con i nostri figli.

Per riflettere sul nostro codice di comunicazione può esserci utile rispondere alle seguenti domande:

 

  1. Quali obiettivi voglio raggiungere attraverso la comunicazione con mio figlio?

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  1. Qual è il modo migliore per procedere verso il mio obiettivo?

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Esempio di alcuni possibili obiettivi: sviluppare rispetto reciproco, promuovere l’autodisciplina, costruire l’autostima, sviluppare un sano senso dell’umorismo, etc…

 

Un codice di comunicazione chiaro, condiviso e costante può davvero influire positivamente sulla qualità della comunicazione con i nostri bambini.

 

 

 

5° semino:

ENTRA E ABITA NEL MONDO DI TUO FIGLIO!

Partiamo da un esempio:

immaginiamo che una mattina il nostro bimbo, la nostra bimba ci dica: “Papà, mamma, l’altra notte ho sconfitto un mostro terribile che si nascondeva nella mia cameretta!!!”. Proviamo ad immaginare quale potrebbe essere la nostra risposta…

  1. “Dai, Giovannino, che cosa ti sei inventato?!?! Lo sai che i mostri non esistono! Fai il furbo per perdere tempo e non andare a scuola?”
  2. “Dai!!! Davvero?! Ma sei stato/a bravissimo/a! Come hai fatto? Quali armi hai usato? Hai scoperto chi era questo mostro e che cosa voleva da te?”

I bambini in età pre-scolare soprattutto, ma anche quelli che frequentano i primi anni della scuola elementare possiedono una fantasia molto accentuata che li porta ad abitare un mondo tutto loro che non è una alternativa al mondo reale, ma è il personale modo che il bambino possiede di vivere, immagazzinare e concepire la realtà in cui vive.

Si tratta del pensiero bambino (Maria Rita Parsi, “Il pensiero bambino”, Oscar Mondadori).

 

Accostiamoci a questo pensiero bambino, al mondo di nostro figlio; vediamolo con i suoi occhi, giochiamo per abitare questo mondo.

Non giudichiamo negativamente nostro figlio che ci comunica il suo mondo fantastico, piuttosto impegniamoci per comprendere la grammatica della fantasia.

Incoraggiamolo ad aprirsi, mettendo da parte i criteri adulti, perché la grammatica della fantasia ci può aiutare a comprendere tantissimo di nostro figlio.

 

Ecco alcune domande che possiamo fare al nostro bambino:

 

  1. Cosa ti piace sognare?
  2. Quale persona al di fuori della famiglia ammiri di più? Perché?
  3. Quand’è che ti viene da ridere/piangere? Perché?
  4. Cosa ti piacerebbe fare da grande? Quale lavoro ti sembra più interessante? Perché?

 

 

 

6° semino:

COMUNICA AMORE.

Amare nostro figlio non ci assicura che nostro figlio se ne renda conto, che si senta automaticamente amato.

È necessario fare lo sforzo di comunicarglielo in modo chiaro e diretto.

 

Uso con mio figlio un linguaggio che trasmette amore, che rifletta la gioia di averlo accanto, che lo faccia sentire amato per davvero, rispettato ed apprezzato?

 

Le nostre risposte ci forniranno indicazioni rispetto al bisogno primario di ogni essere umano: di sentirsi amato, desiderato, voluto.

 

Un linguaggio anaffettivo, che non trasmette amore e passione, blocca non solo la comunicazione fra il bambino e i genitori, ma anche alcune sfere di crescita del bambino stesso.

 

Accanto al linguaggio verbale, c’è anche quello non verbale, come ad esempio quello del corpo (gesti, posture, sguardi, espressioni del viso…) e attraverso questi linguaggi devono passare messaggi ben precisi:

 

sei amato

 

sei capace

 

sei accettato

 

sei perdonato

 

puoi provarci di nuovo.

 

 

 

 

7° semino:

TRASMETTI VALORI SOLIDI.

La scelta dei valori che desideriamo trasmettere ai nostri figli è fondamentale per una sana crescita, soprattutto in questo periodo di relativismo e di indeterminatezza.

I valori permettono al bambino di sentirsi appartenenti ad una famiglia, ad una comunità o ad altre strutture collettive; in ogni caso il sentimento di appartenenza è un aspetto essenziale dell’esperienza umana ed è vitale per lo sviluppo del bambino

 

I valori dei bambini sono legati indissolubilmente a quelli della famiglia di appartenenza. E’ quindi necessario che i genitori si interroghino su ciò che personalmente sentono e trovano necessario:

 

  1. Stabilire con esattezza e scrivere tutti i valori che per te sono più significativi

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  1. Decidere quali tra questi valori corrispondono meglio alle attuali esigenze fisiche, mentali, sociali e spirituali di tuo figlio

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  1. Mettere in pratica nella tua vita quotidiana questi valori

 

  1. Sviluppare con tuo figlio un tipo di comunicazione aperta e franca su questi valori. In tal modo la concorrenza con i “valori esterni” sarà molto minore, visto che tuo figlio sa che può fidarsi di te e dei tuoi valori perché te li vede mettere in pratica e sa inoltre che tu ti prendi davvero cura di lui.